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Valutazione dell’instabilità colloidale dei vini rossi

Articolo, Risultati del progetto Vintegro

Francesca Borghini e Stefano Ferrari

ISVEA srl, Via Basilicata 1-3-5 
Loc Fosci, Poggibonsi (Siena) 
Contatti e-mail: f.borghini@isvea.it, s.ferrari@isvea.it

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INTRODUZIONE

Nell’ambito della Sottomisura 16.2 del Piano di Sviluppo Rurale della Regione Toscana-Partenariato Europeo per l’Innovazione il progetto Vintegro si è focalizzato, per oltre due anni,  sullo studio dell’Integrità e stabilità del vino Toscano, in particolare sulla valutazione dell’instabilità macromolecolare (flavanoli, flavonoli, pigmenti, polisaccaridi, proteine) che nella fase di setting-up è risultata quella che maggiormente necessità di innovazione secondo l’opinione dei rappresentanti del settore vitivinicolo toscano. Le macromolecole del vino sono in uno stato di equilibrio metastabile, e rimangono in soluzione fino a quando l’equilibrio si rompe a causa di reazioni e interazioni tra di loro, che sono funzione delle condizioni ambientali e della composizione. La stabilità del vino è influenzata da una molteplicità di fattori sia di natura intrinseca (varietà, proprietà e concentrazione dei soluti) che estrinseca (temperatura, ossigeno, umidità e luce). Se l’equilibrio si rompe quando il vino è già in distribuzione nel mercato si formano precipitati in bottiglia evidenti che, seppure completamente innocui, sono sgraditi dai consumatori. Il vino è quindi oggetto di contestazioni o rifiuto, con importanti conseguenze economiche e commerciali. Per non correre rischi, non potendo finora prevedere se un vino darà origine a precipitati, il tecnico può tendere ad esagerare con i trattamenti stabilizzanti, che potrebbero spogliare il vino delle sue costituenti tipiche e che comunque hanno costi economici ed ambientali rilevanti. Scopo del progetto Vintegro era anche quello di mettere a punto un test previsionale della instabilità di un vino, attraverso un protocollo rapido ed economico applicabile ad un vino in varie fasi del processo di produzione.  

Al fine di studiare la stabilità colloidale e del colore, operativamente, il progetto è stato sviluppato attraverso diverse fasi (v. anche Figura 1): vini di varietà diverse in purezza e blend (CBS Cabernet Sauvignon, CBF Cabernet Franc, SG sangiovese, MRL Merlot e Syrah), in diverse fasi della produzione (prestabilizzazione, preimbottigliamento e imbottigliamento), sono stati sottoposti a diversi test, tradizionali e non (test a caldo, a freddo, cicli di temperatura in camera climatica e aggiunte di perossido di idrogeno) e poi sottoposti ad un vasto panel di analisi chimiche. Tecniche di statistica multivariata sono state poi applicate per selezionare sia il test che le variabili da misurare per valutare la stabilità macromolecolare dei vini rossi. Inoltre, durante i due anni di progetto sono stati condotti dei trattamenti in cantina, con diversi prodotti enologici, per verificare la stabilità dei campioni.

Figura 1. Articolazione del Progetto Vintegro per lo studio della stabilità colloidale e del colore.

L’analisi PCA condotta sui campioni tal quali (varietà e fasi diverse), stressati a differenti temperature, in camera climatica e con perossido di idrogeno mostra un chiaro raggrupamento dei campioni in funzione della varietà di uve più che del trattamento (Figura 2). I SG sono tutti nei quadranti a sinistra dello score plot e si distinguono dagli altri per i parametri del colore Cielab e per un peculiare profilo di antociani. I Syrah presentano una distribuzione più dispersa e nei quadranti opposti al SG, sono caratterizzati dalle più alte concentrazioni di antociani e fenoli; i MRL costituiscono un gruppo compatto vicino al centro del grafico. Questi ultimi presentano alte concentrazioni di flavonoli sia liberi che legati a zuccheri e acido glucuronico, oltre al resveratrolo, tutti composti con alto potere antiossidante; i CBS al contrario, presentano concentrazioni più elevate di tannini e antociani complessati.

Figura 2. PCA: score plot (in alto) e loading plot (in basso) dei campioni ANT. CBF: cabernet franc, CBS: cabernet sauvignon, CBT: blend di cabernet sauvignon e franc, MRL: merlot; SG: sangiovese, SYR: syrah.

É stata condotta anche un’analisi delle correlazioni al fine di individuare quali dei parametri analizzati correlassero in maniera positiva o negativa con l’instabilità dei campioni definita dalle aziende partner del progetto. L’intorbidamento misurato col test a caldo in laboratorio (equivalente al test normalmente utilizzato per valutare la stabilità proteica dei vini bianchi) correla positivamente con l’instabilità teorica; l’intorbidamento a sua volta presenta una correlazione positiva, e statisticamente significativa, con i complessi antociano-tannino ed anche con i polisaccaridi. Questi ultimi a loro volta risultano significativamente correlati con i tannini (Figure 3-5); mentre nessuna correlazione è stata rilevata tra intorbidamento e contenuto proteico dei vini rossi.

Figura 3. Correlazione tra intorbidamento da test a caldo e instabilità dei campioni definita dai produttori.

Figura 4. Correlazione tra intorbidamento da test a caldo e complessi antociano-tannino

Figura 5. Correlazione tra intorbidamento da test a caldo e polisaccaridi

L’analisi statistica dunque sembra indicare che nella definizione della stabilità di un vino siano fondamentali i rapporti tra antociani e tannini e la loro polimerizzazione. In funzione di tali considerazioni è stato elaborato un indice di instabilità definito come il rapporto tra i complessi Antociano-Tannino (misurati con l’uso di un indice spettrofotometrico in Unità di Assorbanza) ed i tannini totali (Atc/T). In particolare quando questo indice è inferiore a 1 i campioni risultano stabili. Inoltre, è risultata interessante anche la valutazione del rapporto tra antociani liberi e tannini.

In funzione dei test a caldo i campioni risultano stabili per valori di ΔNTU inferiori a 2. La figura 6 riporta la correlazione tra intorbidamento da test a caldo e indice.

Figura 6. Correlazione tra intorbidamento da test a caldo e polisaccaridi

Per quanto riguarda le prove effettuate in cantina, a parità di trattamento enologico la risposta è funzione della varietà considerata. A titolo d’esempio si riportano i risultati del test a caldo dei campioni di cabernet e sangiovese sottoposti ad aggiunta di tannino di buccia (B), castagno (C), da soli o in combinazione con due derivati di lievito (A1 e A2). 

Figura 7. Intorbidamento dopo test a caldo di campioni di cabernet (CBS) e sangiovese (SGV) sottoposti a vari trattamenti enologici in cantina.

Il cabernet tal quale risulta instabile (ΔNTU>3) e la sua stabilità sembra migliorare quando trattato con tannini, specialmente se in combinazione con i derivati di lievito. Andando a studiare nel dettaglio come cambiano antociani e tannini nei campioni trattati, notiamo che sia gli antociani, in tutte le loro forme, che i tannini diminuiscono notevolmete nei campioni trattati, cosi come l’indice Atc/T (Figura 8), probabilmente a causa dell’innesco di fenomeni di precipitazione di antociani e tannini da parte dei trattamenti a base di tannino. Ciò si riflette in una pesante perdita di intensità di colore nei campioni trattati con i tannini, specialmente se di castagno (Figura 8). L’aggiunta dei soli derivati di lievito, invece determina una stabilizzazione dei campioni senza impatto sul colore.

Figura 8. Andamento dell’indice Atc/T e dell’intensità di colore nei campioni di cabernet sottoposti a vari trattamenti enologici in cantina

Nel sangiovese i campioni tal quali sono stabili (figura 7) quando sottoposti a test a caldo e si destabilizzano solo quando trattati con tannino di castagno. In questi campioni però non si notano fenomeni a carico di antociani e tannini, tanto che non si hanno variazioni significative dell’intensità colorante, ma si verifica una diminuzione dei polisaccaridi totali.

Tra le tecniche analitiche innovative testate durante il progetto interessanti risultati sono scaturiti dalle misure del Potenziale ζ, che è una misura delle forze repulsive tra le particelle, non tanto considerando i suoi valori assoluti, quanto le sue variazioni in relazione ai trattamenti enologici applicati. In teoria, aumenti dei valori del potenziale indicando maggiore repulsione tra i colloidi in soluzione, e dunque maggiore stabilità. I risultati del Potenziale ζ confermano quelli del test a caldo e le indicazioni del rapporto antociani complessati su tannini sugli stessi campioni: i campioni trattati con tannini, soprattutto se di castagno ed in combinazione con i derivati di lievito, sono più stabili.

 Il Potenziale ζ presenta correlazioni statisticamente significative con i complessi antociano-tannino. 


CONCLUSIONI

Sebbene il test a caldo sembri avere valenza generale, le grandezze risultate salienti nella descrizione delle dinamiche colloidali dei vini rossi sono strettamente dipendenti dalla matrice e soprattutto dalla varietà.I fenomeni osservati sono facilmente riconducibili alle proprietà di polifenoli, polisaccaridi e macromolecole in genere, sebbene siano ancora da chiarire nel dettaglio molti dei loro aspetti. 

Le valutazioni effettuate sono tese a stimare la stabilità colloidale intrinseca ai vini, ma possono risultare utili anche in considerazione di colloidi di origine esogena (ex. chiarifiche proteiche, gomme ecc.), in tali casi dovranno essere prese in considerazioni verifiche specificamente mirate ai prodotti/formulati utilizzati. A tale proposito, preventivamente all’utilizzo di alcuni coadiuvanti è specificatamente prescritto di verificare la stabilità del vino.


MATERIALI E METODI

  • Trattamenti di cantina


Durante il primo anno di progetto su tre vini (un sangiovese, un merlot e un cabernet sauvignon) sono stati aggiunti un tannino di buccia o un autolisato di lievito. Nel secondo anno si sono testati due tipi di tannino (di buccia e di castagno) e due derivati di lievito su un sangiovese e un cabernet sauvignon, mentre su un merlot sono stati testati solo i derivati di lievito (Tabella 1).

Tabella 1. Schema dei trattamenti enologici a cui sono stati sottoposti sangiovese, cabernet e merlot.

  • Analisi chimiche


Tutti i campioni sono stati sottoposti ad un vasto quadro di analisi chimiche a mezzo di diversificati approcci analitici, sia tradizionali che innovativi. Nello specifico, all’interno dei laboratori Isvea srl (SI) sono state eseguite:

  • le analisi sul profilo chimico di base e su quello colorimetrico utilizzando tecniche analitiche tradizionali di tipo distruttivo (Metodi OIV);
  • le analisi del colore sono state effettuate tramite tecniche di tipo UV-Vis;
  • le analisi sul profilo polifenolico ed antocianico usando la cromatografia liquida accoppiata alla spettrometria di massa in alta risoluzione (HPLC-HRMS) e al fotodiodarray (PDA);
  •  Il potenziale ζ: La ragione principale per misurare il potenziale ζ è predire la stabilità colloidale. Le interazioni tra le particelle giocano un ruolo importante nella stabilità colloidale. L’utilizzo del potenziale ζ al fine di prevedere la stabilità del sistema è un tentativo di quantificare queste interazioni. Il potenziale ζ è una misura delle forze repulsive tra le particelle. E poiché la maggior parte dei sistemi colloidali acquosi è stabilizzata dalla repulsione elettrostatica, la probabilità delle forze repulsive esistenti tra le particelle di avvicinarsi e formare un complesso sarà piuttosto difficile. In questo modo un colloide sarà più stabile. Il potenziale ζ deriva dalla misurazione della distribuzione della mobilità di una dispersione delle particelle cariche quando sono soggette ad un campo elettrico. Questa mobilità viene definita come la velocità di una particella per unità di campo elettrico ed è misurata applicando un campo elettrico alla dispersione delle particelle e misurando la loro velocità media

 

  • Analisi Statistica


Il numero elevato di parametri chimici analizzati ha reso inevitabile effettuare l’elaborazione dei dati secondo l’impiego di algoritmi statistici di tipo multivariato. Ciò al fine di selezionare sia il test da utilizzare per la valutazione dell’instabilità colloidale dei vini rossi, che le variabili significative da misurare. In particolare, si è deciso di applicare l’analisi delle componenti principali (PCA) per la valutazione qualitativa dei dati. I dati sono stati preventivamente normalizzati. La PCA è una tecnica di riduzione della dimensionalità dei dati che ha come idea centrale la riduzione di un numero più o meno elevato di variabili (rappresentanti altrettante caratteristiche degli oggetti analizzati e più o meno correlate tra loro), in alcune variabili latenti non correlate, che esprimono la maggior quota possibile della varianza presente nei dati (chiamate “Componenti Principali”). Ciò viene ottenuto tramite una trasformazione lineare delle variabili, che proietta quelle originarie in un nuovo sistema cartesiano, nel quale la nuova variabile con la maggiore varianza viene proiettata sul primo asse, la variabile nuova, seconda per dimensione della varianza, sul secondo asse, e così via. La riduzione della complessità avviene limitandosi ad analizzare le principali (per quota di varianza espressa) tra le nuove variabili ottenute. 

Immagini
Pubblicata il: 13/04/2022
PSR, European logo


Progetto finanziato nell'ambito del partenariato Europeo per l'innovazione e del Piano di Sviluppo Rurale della Regione Toscana (misure attivate (16.2, 1.1, 1.2, 1.3))
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